Non possiamo misurare lo spirito del mondo sulla base degli indici azionari mondiali

Non troveremo mai un fine per ogni nostro paese né una personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito del mondo sulla base degli indici azionari mondiali, né i successi di ogni paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL).

Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria, della terra, la pubblicità dell’alcol e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.

Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di bombe al fosforo, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari.

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia o la solidità dei valori comunitari, l’intelligenza del nostro dibattere o l’onestà dei nostri pubblici dipendenti. Non tiene conto né della giustizia nei nostri tribunali, né dell’equità nei rapporti fra di noi.

Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione a sentirsi parte di un popolo in cammino.

Il PIL misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto su ogni stato del Mondo, ma non se possiamo dichiararci orgogliosi di essere Uomini e Donne di questo mondo.

Nella certezza di un domani migliore,
un grande Abbraccio al Mondo intero e a tutti voi Esseri Umani.

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Testo liberamente tratto e “futuristicamente” riadattato dal discorso di
Robert Kennedy, 18 marzo 1968, Università del Kansas
Tre mesi prima di essere assassinato